La dipendenza da Fortnite e da videogiochi: tema urgente da affrontare

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Avevo incrociato lo scorso anno sul sito del The Mirror, un articolo che parlava della dipendenza da Fortnite. Era il racconto di una madre che era stata convocata a scuola della figlia di soli 9 anni, perché le sue insegnanti volevano capire se c’erano dei problemi. Avevano infatti notato cambiamenti d’umore nella bambina e un aumento della stanchezza durante le ore di lezione. La ragazza alle richieste di spiegazioni, aveva risposto in modo molto scontroso. Dopo alcuni episodi in cui gli stessi genitori si erano accorti che rubava e usava di nascosto la loro carta di credito, avevano purtroppo scoperto che si svegliava di notte, stava ore davanti alla Xbox senza mai staccarsi, tanto da arrivare a farsi la pipì addosso pur di non abbandonare il gioco.

Fortnite di Epic Games: un boom che ha superato ogni aspettativa

Prima di tornare sul tema della dipendenza da Fortnite, cerchiamo di capire insieme da dove nasce il fenomeno e in cosa consiste. Il videogioco sviluppato dalla Epic Games dopo il primo anno di lancio è in costante crescita. I numeri più recenti (secondo il sito multyplayer.it) parlano di picchi giornalieri di utenti collegati al server salito da 1.3 milioni a 2 milioni di utenti mese e di 40 milioni di giocatori totali. La sua distribuzione è capillare: è infatti  disponibile per pc, smartphone o consolle e anche i numeri del fatturato sono da capogiro. Parliamo infatti di oltre 300 milioni di fatturato al mese (fonte Superdata Research).

A cascata, da questo fenomeno si è innescato e favorito quello dei gamers o meglio ancora degli ‘streamers’, cioè dei giocatori che fanno dirette streaming o pubblicano video su Youtube o Twitch per mostrare trucchi e tattiche. Tra i più famosi c’è Richard Tyler Blevins, 27enne, alias Ninja che ha raggiunto picchi di oltre 2 milioni di visualizzazioni a video dichiarando recentemente alla CNBC, di guadagnare fino a 500mila dollari al mese.  

Fortnite: i motivi del successo che coinvolge ragazzi e adulti

Numeri impressionanti quindi e, attenzione, non stiamo parlando solo di ragazzi o adolescenti, ma anche (o soprattutto?) di adulti!
Cercando quindi di spiegare questo fenomeno in modo sintetico e anche a chi, di videogame non ne sa molto, potremmo dire che le motivazioni principali del suo successo sono queste:

puoi giocare da solo o in squadra. Il format più usato si chiama Battle Royale (battaglia all’ultimo sangue o battaglia campale) nella quale 100 giocatori si sfidano su un’isola per sopravvivere. Vince ovviamente il last man standing, cioè l’ultimo uomo che rimane in piedi.

Fortnite è un video games ‘free-to-play’ un modello di business che viene definito anche ‘freemium’ cioè per cominciare a giocare non devi pagare nulla. Il problema nasce dal fatto che se vuoi aumentare la potenza del tuo personaggio o personalizzarlo, devi (ovviamente) pagare e non poco! La bambina di 9 anni citata nell’articolo del The Mirror spendeva almeno 50 sterline al mese.

Una strategia molto accattivante quindi: sei attratto perché è la moda del momento, tutti ne parlano, è una novità, ma più diventi bravo nel gioco, più vuoi essere forte e per esserlo devi personalizzare il tuo personaggio, quindi pagare. Il tema qui però è un altro, è davvero il rischio di dipendenza da Fortnite e la necessità di comprendere il perché avviene questo.

Come si innesca la dipendenza da Fortnite?

I motivi che innescano una dipendenza sono molti, ma potremmo sintetizzarli in quelli che vi elenco.

Oltre al sistema ‘free-to-play’, Fortnite ha la capacità di rinnovarsi costantemente e quindi di non annoiare i giocatori. La grafica e le immagini sono belle, brillanti e propone costantemente nuove sfide tematiche come che ti spingono a provare e a misurarti costantemente per non rimanere indietro.

Altro elemento da considerare è che le sessioni sono brevi perché un gioco dura al massimo 20-25 minuti. Dopo aver sfiorato la vittoria però, sei attratto dal ritentare nuovamente con una nuova partita: lo stesso meccanismo che spinge a giocare alle slot machine.  

Non è possibile mettere in pausa il gioco: se abbandoni, perdi la partita e questo, ovviamente, ‘obbliga’ le persone a passare molto tempo sul gioco, ma soprattutto a non staccarsi.

Fortnite è un gioco di azione, ma non ‘scorre sangue’: questo diventa quasi una giustificazione per alcuni genitori che ne permettono l’uso anche a ragazzi molto giovani perché si sentono più ‘sicuri’.  

La possibilità di giocare in squadra è percepita come ‘collaborazione’. Il problema però è che la vera educazione alla collaborazione nasce offline, col confronto diretto e in effetti gareggiare per  “uccidere persone e rimanere l’ultimo sopravvissuto”, non è propriamente un valore educativo… sbaglio?

Quando dichiaro che è un problema anche per adulti è perché esistono già ricerche che, ad esempio, confermano che la dipendenza da Fortnite, solo nel Regno Unito, è stata citata in oltre 200 cause di divorzio (fonte Bloomberg). Sono nate già vere e proprie petizioni online di donne che chiedono la messa al bando del video game perché ‘fa il lavaggio del cervello’ ai loro fidanzati.

Tantissimi poi sono le persone di successo, i VIP, gli sportivi e gli atleti che confermano di giocare, ma così come la dirigenza della Vancouver Canucks (National Hockey League) ha vietato l’uso di Fortnite agli atleti perché causava costantemente disattenzione, succede anche che molti calciatori come Antoine Griezmann hanno iniziato a festeggiare i propri goal eseguendo balletti ispirati ‘alla Fortnite’: una vera e propria pubblicità rivolta a chiunque, adulti e più piccoli.

Dalla dipendenza di Fortnite alle trappole correlate

Oltre alla dipendenza con conseguenti cambi d’umore, diminuzione delle performance quotidiane, problematiche relazionali, le trappole che nasconde Fortnite non sono finite.

Sempre più spesso è sollevato il tema del gioco d’azzardo come rischio correlato. Per alcuni infatti la possibilità di acquistare personalizzazioni per i propri personaggi (che a volte non sono rivelate se non dopo l’acquisto) è come favorire il gioco d’azzardo. Sempre relativo a questo tema, credo debbano essere protagonisti di un’attenta riflessione anche alcuni video visibili su Youtube, nei quali mentre c’è un ragazzo che gioca a Fortnite, la ragazza di turno, si spoglia fino a rimanere nuda. Una sorta di ‘strip poker’ versione 2.0, ma con protagonisti adolescenti e soprattutto visibile a chiunque.

Ad esempio, questo video con un titolo che potremmo tradurre con ‘per ogni morto, 1 vestito tolto’ pubblicato il 28 febbraio 2018, alla data di pubblicazione di questo post, conta oltre 16 milioni di visualizzazioni.

Inutile infine girarci intorno: così come per altre piattaforme o applicazioni frequentate da molti minori (es: Tick-Tock per le ragazze), anche Fortnite corre il rischio reale di diventare un luogo in cui i pedofili cercano di adescare i ragazzi. La notizia allarmante è stata data dal National Crime Agency su un articolo pubblicato dal Telegraph, e sono già state condivise diverse esperienze di madri che hanno (fortunatamente) sventato l’adescamento.

Ok, la dipendenza da videogioco è una malattia, ma non è che chiunque gioca è un malato!

Certamente dopo aver letto tutto questo la sensazione non è quella di tranquillità o serenità. Oltretutto l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso anno ha inserito la dipendenza da videogioco (in inglese gaming disorder) nella LCD (International Classification of Diseases) cioè la Classificazione Internazionale delle Malattie.
Questo riconoscimento ufficiale, ci permette di riflettere su questo tema seriamente e dalla giusta prospettiva.

Innanzitutto cerchiamo di evitare allarmismi o esagerazioni e comprendere che non è che chiunque gioca è malato! Siamo nuovamente all’interno di un tema di equilibrio: bere un bicchiere di vino è piacevole, ubriacarsi costantemente è una patologia. Acquistare saltuariamente un ‘gratta e vinci’ può farci sperare in un cambiamento repentino di vita: spendere tutto lo stipendio in gioco d’azzardo è una patologia. Giocare a un video game per un tempo definito, dando (e dandosi!) delle regole, non ha mai ucciso nessuno: isolarsi dal mondo offline, trascurare le proprie relazioni, vivere solo in funzione del video game è assolutamente una patologia!
Così come per le conseguenze da abuso di social network, il focus NON è la piattaforma in se, ma la persona e l’uso o l’abuso che ne fa.

Per questo prima di correre ai ripari, parlare di ‘emergenza’ o pensare di essere vittime di dipendenza da gioco, ritrovandosi imbrigliati in una rete dalla quale è difficile liberarsi, o liberare i nostri ragazzi, tornerei su un tema trasversale che è anche il vero punto di partenza per ogni riflessione di buon senso: l’attenzione all’altro, al suo valore, al tempo e alla qualità che a lui/lei dedichiamo.

Ora che sei arrivato a leggere fin qui, infatti, ti confesso che la domanda che mi rimbalza in testa da quando ho cominciato a scrivere il post è: perché quei poveri genitori di quella bimba di 9 anni non si sono accorti di molti campanelli d’allarme che potevano intercettare,  ultimo e non trascurabile (perché concreto e misurabile) la spesa di 50 sterline al mese su una piattaforma per giochi online? 
Da quando è così ‘normale’, quotidiano, l’acquisto con carta di credito da parte di una ragazzina di quell’età?
Prima delle conseguenze, un po’ come per il tema selfie killer di cui ti ho parlato qui, perché non ci concentriamo sulla radice di questi problemi?

Riflessioni aperte e temi certamente difficili ai quali non è facile rispondere anche perché non esistono regole, ma ogni esperienza o caso è a se stante. Ora lascio a te la parola perché sono oltretutto curiosa: tu, ad esempio, giochi a Fortnite? E cosa ne pensi? Come potremmo aiutarci a fare in modo che giocare a un video game sia un semplice e sereno passatempo?

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Rosa Giuffrè

Consulente per la comunicazione digitale e Social Media Educator. Credo nel #futurosemplice e che Dio è nel cuore dei giovani

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