Chi è il Troll, cosa fa e come gestirlo

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Chi è il troll? Una domanda che ci si deve per forza porre nel momento in cui si scrive un glossario di educazione digitale e della rete. Il termine troll trova la sua radice nella mitologia scandinava: è di fatto una sorta di folletto che appare come malvagio e dispettoso e può anche essere buono ma birichino. L’origine di questo termine potrebbe però anche discendere da un altro significato del verbo inglese to troll – muovere l’esca in modo tale da far sì che il pesce abbocchi -.
E nel linguaggio del web e dei social: Chi è il troll? Con questo termine si intende quel soggetto che commenta un post con testi provocatori, irritanti o fuori tema con il preciso scopo di infastidire e fomentare gli animi.
Agire come un troll – letteralmente ‘trollare, trolleggiare’ o dare del troll a qualcuno, in gergo web, significa riconoscere l’intento di voler appositamente infastidire o provocare (anche solo con finalità di ironia).

Chi è il Troll? Ne esistono differenti tipi?

Così come dicevo già in questo post sul mio blog c’è una rilevante differenza tra troll e provocatore: se il primo vuole solo creare scompiglio, il secondo propone argomenti di discussione al suo pubblico utili alla sua crescita personale e professionale con intelligenza e lungimiranza. Provocare un sana discussione, seppur difficile da gestire online, non significa essere un troll.

Come riconoscere un vero Troll? Molto semplice: è probabile che un troll riesca nel suo obiettivo, quello di spingere gli altri utenti a perdere la pazienza e dire cose che normalmente, in un dibattito sereno, non avrebbero detto. Provoca infatti a tal punto da generare una reazione che porta l’utente a insultare e aggredire generando un flame war (che possiamo tradurre come ‘guerra di fiamme’: un dibattito acceso).

Il trolling ha certamente un peso sociale rilevante: specie se si alimenta la provocazione. – to feed the troll – Sovente infatti l’utente inesperto (e lasciatemelo dire, soprattutto gli adulti) che non riconosce questo tipo di provocazione, risponde ai continui messaggi del fomentatore di animi dandogli così materiale sempre nuovo sul quale agire. I moderatori dei gruppi online ad esempio, che su questo argomento hanno qualche competenza in più rispetto ai nuovi iscritti, sono soliti ripetere please don’t feed the troll (non alimentate il troll) quando ritengono di averne individuato uno.

Chi è il troll del XXI secolo? Perché un utente agisce in questo modo?

Ciò che spinge un soggetto a diventare un troll, potremmo dire del XXI secolo, generalmente è la noia o la voglia di sentirsi preso in considerazione. Generalmente chi possiede un hobby e un lavoro ed ha una vita piena e soddisfacente non trova né il tempo né la passione per dedicarsi all’attività di trolling. Il fenomeno acquisisce un senso solo se c’è qualcuno che glielo attribuisce: che cade nella provocazione e reagisce.
La molla che fa scattare l’ingranaggio per cui rispondiamo al troll e gli continuiamo a rispondere, in genere finché non ci ha realmente esasperato, è la stessa per cui lui sta generando quel che sta generando: l’ego personale. Siamo esseri umani ed è naturale che non vogliamo indietreggiare con la nostra posizione nei confronti di un argomento che ci sta particolarmente a cuore ed un commento – quando è solo uno – con cui non siamo per nulla d’accordo.
È praticamente ‘impossibile’ battere un Troll sul suo stesso livello, pensare cioè di uscire vittoriosi dal confronto diretto. La strada è soltanto una: ignorarlo completamente. Il troll potrebbe interpretare la cessazione di risposta ai suoi commenti come un segnale di resa, ma certamente è una scelta che lo infastidirà molto perché non riceverà più le tue attenzioni che si aspettava.

Riconosci il troll e poi che fai?

L’unico consiglio efficace quindi è quello di ignorare senza lasciarti coinvolgere emotivamente dalle sue azioni. Tieni però sempre presente il ‘luogo’ in cui queste azioni si manifestano: lo spazio digitale, l’online.
Il troll, potrebbe essere semplicemente una persona un po’ esuberante nell’esprimere le proprie opinioni, gusti, pareri. Oppure potresti essere anche tu, in un giorno particolarmente difficile a interpretare commenti in modo negativo.

Non bisogna scordarsi mai che dietro lo screen del PC, dello smartphone, del media in questione c’è sempre un essere umano e non una macchina. Ci sono le infinite sfumature dell’emozione umana e non è per nulla semplice condividerle, forse per questo, oggi più che mai, sarebbe necessaria anche un’educazione emotiva che ci aiuti anche a esprimere con valore e empatia, senza aggressioni, i nostri pensieri.

I ragazzi d’oggi sono privi di una educazione emotiva, non sono abituati ai sentimenti, mancano di umanesimo – Roberto Vecchioni –

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Rosa Giuffrè

Consulente per la comunicazione digitale e Social Media Educator. Credo nel #futurosemplice e che Dio è nel cuore dei giovani

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