Selfie killer: reato penale per il Social Network che lo pubblica

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In Senato è prevista la discussione di un ddl che prevederà il carcere fino a tre anni per i gestori di social media che pubblicano Selfie Killer

Attualmente si tratta ancora di un disegno di legge proposto dal senatore Massimo Mallegni, che punta ad inserire nel nostro codice penale il “reato di istigazione a commettere azioni pericolose mediante strumenti informatici” . Le pene previste quindi anche per i gestori di piattaforme social che pubblicano selfie killer saranno molto serie e comprenderanno sia la reclusione da sei mesi a tre anni, sia sanzioni di tipo pecuniarie.

Giovani confusi che non distinguono ciò che è bene da ciò che è male

In una recente dichiarazione riportata anche sul suo sito internet, il senatore ha detto:

“I giovani oggi non distinguono più la realtà vera da quella virtuale, maneggiano smartphone, navigano sul web e condividono informazioni senza rendersi conto dei pericoli che stanno correndo. I ragazzi vanno educati, ma i social vanno assolutamente regolamentati”.

Una presa di posizione dura che fa eco, purtroppo, anche ai tragici eventi verificatisi nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Lo stesso Mallegni ha infatti recentemente presentato esposti a diciotto procure della Repubblica sul contenuto delle esibizioni del cantante trap Sfera Ebbasta chiedendo di verificare se in essi si possa ravvisare il reato di istigazione e proselitismo all’uso di sostanze stupefacenti.

Selfie killer: i dati dell’Osservatorio nazionale dell’adolescenza

Tornando però al tema del post, certamente non possono non preoccuparci i dati diffusi dall’Osservatorio nazionale adolescenza, secondo i quali un giovane su dieci si fa selfie pericolosi e il 12% partecipa a challenge che altro non sono che sfide estreme da immortalare con video o foto per dimostrare il proprio ‘coraggio’.

Dovrebbe inoltre farci saltare sulla sedia pensare che dal 2011 al 2017, in tutto il mondo sono morte 259 persone per farsi autoscatti (fonte: Journal of Family Medicine and Primary Care di Nuova Delhi). Ecco allora che il ddl Mallegni, cerca di intervenire prevedendo la capacità da parte della piattaforma di riconoscere visivamente la situazione fotografata, vietandone così le pubblicazioni. Tutto insomma dovrebbe avvenire a livello digitale e in modo automatico: come? Grazie all’applicazione di deep learning.

Il machine learning e l’intelligenza artificiale in aiuto di casi estremi

La deep learning, è un ramo della machine learning che prevede (testualmente tradotto) un ‘apprendimento profondo’ di reti neuronali che letteralmente, nel tempo, vengono addestrate a eseguire una determinata azione. In concreto e semplificando per il caso specifico, le applicazioni potranno riconoscere ad esempio binari di treni, tetti di edifici bloccando così la pubblicazione del contenuto. Ovviamente sarà un processo di apprendimento da definire nel tempo, ogni nuova situazione o caso sarà da aggiungere e in poco tempo questi contenuti potranno essere limitati.

Selfie killer: le situazioni più estreme e (purtroppo) comuni

Pensi davvero che esista un solo tipo di selfie killer? Un elenco triste quello che sto per fare, ma anche questa, anzi, soprattutto questa è ‘social education’! Le situazioni pericolose in cui, soprattutto i giovani, fanno autoscatti sono diverse, ma le più comuni hanno già purtroppo anche una definizione. Eccone alcune:

  • choking game: provocare o provocarsi il principio di uno strangolamento
  • car surfing: stare sul tetto di un’auto in corsa mimando il surfing
  • daredevil selfie: selfie in situazioni estreme come durante l’arrivo di un treno
  • balconing: gettarsi dai balconi in piscine
  • binge drinking: bere superalcolici (in genere shot, cioè mini-bicchieri) tutti d’un fiato fino a stordirsi
  • ghost riding: lanciare l’auto ad alta velocità e abbandonare lo sterzo
  • eyeballing: versare o versarsi negli occhi della vodka per ‘sballarsi’ e provocare un effetto di veritigni.

…conoscevi tutto questo? E quando comincerai ad aprire i tuoi occhi?

Io non so se questo ddl servirà, se o quando entrerà in vigore, se aiuterà davvero questo fenomeno, credo sia una via che è da percorrere, ma credo anche che il problema venga ben prima.

Quello su cui rifletto è che a mio avviso, ancora una volta si ‘lavora’ su come limitare le conseguenze e non su come arginare le cause!

Personalmente, io percepisco una sorta di ‘urlo’ che sento salire da questo vuoto e da quei ragazzi: non il giudizio verso quelle azioni o verso di loro, ma l’angoscia che mi sale da dentro quando penso e mi chiedo…
…cosa spinge questi ragazzi a rischiare la vita? Questa azione è una conseguenza a cosa?
Dove e quando non si sono sentiti più amati tanto da pensare di essere invincibili, di rischiare tutto perché ‘tanto non frega a nessuno di me?’ 
È davvero colpa dei social o, forse (!!), noi adulti non riusciamo più a essere un faro, una presenza di senso, di valore anche nel mondo online che rappresenta parte del vissuto dei ragazzi? 
Quali adulti abitano la rete? Che tipo di adulti? VIP? Pseudo-influencer?
Poi?

…da quando, insomma, i nostri ragazzi hanno iniziato a pensare e a convincersi che la loro vita ha valore solo in like?

Non possiamo nasconderci dietro a scuse come la mancanza di legislazione se comprendiamo che serve responsabilità come soluzione

– Giovanni Fasoli-

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Rosa Giuffrè

Consulente per la comunicazione digitale e Social Media Educator. Credo nel #futurosemplice e che Dio è nel cuore dei giovani

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